Lo Spirito dell’Auto-Determinazione

di Federico Borra e Giorgio Turconi

Il Giappone è un paese straodinario, una terra dove tradizione millenaria e tecnologia si abbracciano con armonia, dove anche il caos e la frenesia delle metropoli in cui la vita viaggia alla velocità del suo treno superveloce, lo Shinkansen, sono in qualche modo ordine, codificato da uno spirito invisibile. In Giappone anche la natura produce magia, nella fioritura dei ciliegi, nei colori autunnali del cambio delle foglie, e l’Uomo ha imparato ad entrare in una simbiosi spirituale con essa attraverso le arti del bonsai e del giardino alla giapponese. Il rispetto e la cortesia impregnano le relazioni tra le persone e tutto è tenuto pulito.

Tuttavia anche in Giappone ci sono situazioni difficili, ci sono delle zone di profondo disagio, come recentemente evidenziato nel film di Hirokazu Koreeda Un affare di famiglia, vincitore della Palma d’oro a Cannes.

Takashi Harada

Takashi Harada era un giovane professore di educazione fisica e allenatore di atletica leggera. Gli fu assegnata una cattedra di una scuola media in un quartiere degradato di Osaka. La scuola era infatti probabilmente nell’area più depressa della città con pochissimi studenti in grado di credere di essere capaci di combinare qualche cosa di buono nella vita. Non solo molti degli studenti avevano pessimi risultati a scuola, ma pochi avevano mai avuto un qualsiasi genere di successo nel campo dell’atletica. Harada gettò le basi per il cambiamento e in tre anni la sua scuola divenne una delle migliori in atletica; molti degli studenti iniziarono a conseguire sensibili miglioramenti anche nel profitto scolastico. La scuola divenne la numero uno in atletica leggera tra centinaia di scuole, e continuò ad essere la numero uno per i sei anni successivi, con 13 studenti vincitori di medaglie d’oro e riconosciuti come i migliori atleti della loro categoria in tutto il Giappone.

Takashi Harada si era messo in gioco per scoprire un modo per aiutare i suoi studenti a diventare vincenti, a diventare persone di successo oltre che ad essere atleti eccezionali. Molti di quegli studenti non volevano andare a scuola; pochissimi passavano alle scuole superiori, e quasi nessuno andava al college. Harada comunque sentiva che egli avrebbe potuto portare un cambiamento positivo e motivare gli studenti a diventare atleti migliori.

Harada notò che c’erano scuole in Osaka che avevano regolarmente successo in atletica. Egli pensò: “Se un altro coach in Osaka può costruire un team vincente, posso farlo anch’io! Anche gli altri coach devono prendere gli atleti dalle loro aree locali.” Harada comprese che non poteva solo scegliere atleti vincenti; doveva in qualche modo svilupparli. Non era per nulla facile e incontrò molta resistenza. Per esempio, un giorno studenti e genitori in presenza del direttore della scuola affrontarono Takashi Harada. “Sei troppo severo con i nostri ragazzi” dissero. Harada replicò: “Io voglio che i vostri figli siano dei vincenti. Voi volete che i vostri figli siano dei vincenti o volete che restino dove sono? Se mi date tempo tre anni io renderò questa scuola la migliore della città in atletica e se non ci riuscirò, mi caccerete.”

Tre anni più tardi la scuola divenne la numero uno di Osaka.

Come era stato possibile stimolare quei ragazzi che avevano un così basso profitto sia a casa che a scuola e motivarli a lavorare su se stessi per diventare vincenti? Harada crede che a ogni persona dovrebbe essere consentito raggiungere il proprio obiettivo personale, qualcosa che la stimolerà nella propria vita e nel futuro. Naturalmente se lavori in un’organizzazione, vuoi che l’obiettivo sia allineato con quelli della tua azienda. In sostanza, ciascuno può essere un maestro in una certa disciplina posto che vi sia la guida e la volontà di lavorare duramente per un certo periodo di tempo, con perseveranza e con la convinzione che l’obiettivo possa essere raggiunto. Quando si ha un obiettivo personale, qualcosa per cui impegnarsi a fondo, il lavoro assume un significato completamente nuovo.

Harada trovò un metodo per prendere quei ragazzi sfortunati e renderli vincenti. Capì che non poteva limitarsi a considerarli solo come atleti, ma che avrebbe dovuto interagire con loro nella loro vita aiutandoli a sviluppare la loro potenzialità uno per uno, come persone. La vittoria nelle gare fece sentire gli studenti come se avessero vinto una medaglia olimpica. La scuola migliorò in modo significativo anche dal punto di vista accademico. Poiché gli atleti erano vincenti, il loro successo fu notato dagli altri studenti e li spinse a migliorare.

Le parole originali di Takashi Harada

“Quando iniziai a insegnare nella scuola media, cercai di dedicare la maggior parte dei miei sforzi a guidare e gestire le persone in modo efficace. Questo era un aspetto importante di ciò che nel metodo Harada io chiamo “pratica dell’auto-gestione” – identificare i propri punti di forza personali e farli lavorare.

Tutte le tre scuole medie di Osaka dove ho lavorato prima di lasciare l’insegnamento erano realtà difficili dove operare. Forse erano le scuole in assoluto più difficili presso cui insegnare in tutta Osaka. Oltre ad avere studenti problematici, anche i genitori erano persone molto difficili con cui trattare. In alcuni casi entrambi i genitori di una famiglia erano tossicodipendenti che erano stati in carcere. In altri, il padre si comportava come il capo di una banda minacciandomi perché stimolavo i ragazzi a migliorare. Certamente il peggior incidente fu quando un genitore uccise il figlio per una ragione sconosciuta. Queste erano solo alcune delle situazioni terribili che affrontai quando insegnavo in quelle scuole. Tuttavia io scelsi volontariamente di lavorare in quegli istituti per utilizzare la mia forte capacità di leadership.

Alla Scuola Media Matsumushi, l’ultima scuola dove ho lavorato prima di diventare consulente, scoprii che molti studenti e genitori erano completamente diversi da quelli dei due istituti precedenti. Alcuni studenti non avevano mai messo piede in classe. Il bullismo era dilagante. Molti genitori ostacolavano l’apprendimento e la crescita dei loro figli. Altri genitori facevano lunghi orari di lavoro senza curarsi di dedicare tempo ai loro figli. Nel quartiere vicino alla scuola persone indigenti sfogavano la propria frustrazione le une contro le altre e si scontravano con violenza. In alcuni angoli delle strade vicino alla scuola lo spaccio di droga era un fatto quotidiano. Oltre a vivere in questo terribile contesto ambientale, il problema più grande era che gli studenti e i genitori erano privi del desiderio e della motivazione di vivere una vita che avesse un senso.”

Insegnare agli studenti ad essere auto-determinati

“Dopo una settimana circa di lavoro nella scuola, mi resi conto che la maggior parte degli studenti non aveva interesse per la propria attività scolastica perché i ragazzi non avevano nessun sogno per cui vivere. Non avevano nessuna visione futura che li guidasse verso una direzione. Le loro tipiche risposte alle mie domande erano: “Non posso farlo perché non sono abbastanza sveglio” o “Questo è impossibile perché non sono tagliato per farlo.”

“Presto scoprii da dove venivano le loro risposte. Le loro risposte erano le stesse dei loro genitori: “Mia figlia non lo può fare, perché non è abbastanza sveglia” o “Questo è impossibile per i miei figli, non sono tagliati per fare questo.” Non importava affatto quanto io tentassi di convincere i genitori del grande potenziale del loro figlio come atleta, rispondevano sempre con disapprovazione: “Lui mai e poi mai farà questo.” Gli studenti semplicemente copiavano le parole che i loro genitori usavano per deviare i messaggi positivi delle altre persone.”

“Per scoprire effettivamente che cosa avevano in testa gli studenti per il loro futuro, io continuai a chiedere: “Voi non volete vincere una medaglia d’oro?” Gli studenti replicavano sempre: “E’ impossibile.” Ma io non cessavo di chiedere loro ripetutamente: “Ma voi davvero non volete vincere una medaglia d’oro?” In effetti gli studenti ammettevano: “Mi piacerebbe vincere una medaglia d’oro, se potessi.”

“Ponevo ai genitori le stesse domande: “Non volete che vostro figlio diventi campione di atletica?” I genitori rispondevano che loro figlio non aveva modo di diventarlo. Dopo aver ripetuto la stessa domanda, i genitori finalmente ammettevano che in realtà volevano che loro figlio avesse successo e, se possibile, diventasse un campione. E aggiungevano anche: “Desidero che mio figlio abbia maggiori opportunità di diventare un bravo studente.“

“Attraverso le conversazioni con gli studenti e i genitori, compresi che entrambi i gruppi avevano in realtà dei sogni, ma che avevano perso la fiducia che essi stessi potessero far diventare quei sogni realtà. Vedevano centinaia di persone senza casa occupare gli angoli delle strade vicino alla scuola, un numero infinito di famiglie con un solo genitore, una terribile instabilità economica che rendeva difficile continuare il percorso di studio. Studenti e genitori soffrivano a causa di questi problemi e non potevano permettersi di pensare ai sogni che una volta avevano.”

“Come posso aiutarli?” mi chiedevo. Come insegnante e coach volevo aiutare queste persone a prendere il controllo della propria vita spingendole a raggiungere qualcosa di significativo e quindi ad acquisire fiducia in se stesse. Anche se non avevano sufficiente aiuto familiare ed economico, volevo che loro capissero che potevano avere successo nella vita e diventare persone migliori.”

“Dopo aver pensato a lungo, compresi che cosa potevo fare per loro. Attraverso la promozione di attività educative e di programmi sportivi potevo aiutarli a comprendere l’importanza di avere sogni e chiari obiettivi nella vita. Avere sogni e obiettivi aiuta a guidare le persone nella giusta direzione. Aiuta le persone a formarsi un carattere forte e, infine, le aiuta ad avere successo nella vita.”

“La cosa di cui i miei studenti avevano maggiormente bisogno era imparare come essere auto-determinati. Essere auto-determinati li avrebbe aiutati a percorrere la giusta via, anche senza la guida di genitori o di adulti. Una volta che gli studenti hanno appreso come essere auto-determinati, possono pensare, decidere e agire per far diventare i loro sogni realtà e raggiungere i loro obiettivi. Da quel giorno in poi iniziai a diffondere l’idea di essere auto-determinati tra gli studenti della scuola che erano stati senza aiuto e apatici.”

L’insegnamento del Metodo Harada oggi

Dopo aver aiutato migliaia di ragazzi a dare una svolta alla loro vita, Takashi Harada lasciò il sistema scolastico e fondò una società di consulenza a Tokio per insegnare la sua metodologia nel mondo del lavoro a centinaia di aziende in Giappone, usando i principi che aveva applicato alle squadre sportive vincenti della sua scuola. In Giappone oltre 90.000 persone hanno imparato a usare il metodo Harada.

Harada ha costruito un processo strutturato per definire e raggiungere obiettivi personali e aziendali promuovendo lo sviluppo della persona. Il metodo, mediante il supporto di strumenti dedicati, insegna a integrare i quattro aspetti fondamentali della persona: competenze, spirito, condizione fisica e vita quotidiana con lo scopo di diventare dei vincenti in grado di raggiungere i propri obiettivi e sviluppare il 100% della propria potenzialità.

La Japan Management Association ha catalogato il metodo Harada come il migliore al mondo per lo sviluppo delle persone attraverso il day-to-day management. Norman Bodek, il Padrino della Lean, lo ha definito l’aspetto umano del Lean Thinking. Anche in Italia è possibile apprendere il Metodo Harada, attraverso i corsi dell’Istituto Harada Italia (www.harada.it ), parte di un network internazionale che ha presenza in Giappone, Stati Uniti, Germania, Benelux, Spagna, Polonia e Australia.